Silvia Magnaldi - Specialista in Radiologia - Blog di Medicina, Attualità e Sport

Trieste vive per lo sport, che sia acquatico o terrestre, estivo o invernale, con la palla o senza. Uno degli amori più travagliati è quello per la pallacanestro. Squadre trasferite da un giorno all’altro, scudetti intravisti e fallimenti societari improvvisi non sono stati sufficienti a spegnere l’amore incondizionato e transgenerazionale dei triestini per questo sport.

Gianni Pituzzi è un’istituzione in questo settore: dopo anni passati nella scuola, a stretto contatto con atleti in erba, quest’anno festeggia i 70 anni nel mondo della pallacanestro. Conosco Gianni dai tempi del liceo (il Dante, atipico, perché covo di pallavolisti) e ho continuato a vederlo fino a poco tempo fa alle partite casalinghe della mitica Pall. Trieste nella tribunetta dei VIP, concentratissimo fin dal riscaldamento delle squadre.

Da quanto sei nel mondo del basket?

Ho iniziato al Ricreatorio Toti (da dove sono usciti giocatori come Porcelli, Magrini e Damiani) nel 1950 e ho giocato fino al 1965, quando ho dovuto smettere a causa di un incidente al ginocchio. Ho cominciato ad allenare nel 1967 ed ho continuato quasi senza interruzioni fino al 2012.  

N.d.R.: i ricreatori, nati all’inizio del secolo scorso per “preservare dall’ozio e dal vagabondaggio (…) intrattenendo gli allievi durante le vacanze e le ore in cui non hanno lezione”, sono un’istituzione, a Trieste.

Quante squadre hai allenato? Hai allenato sia uomini che donne?

Una decina, tra serie A, B e C. Ho allenato sia maschi che femmine, con gli uomini sono stato vice-allenatore della Pallacanestro Trieste in serie A alla fine degli anni ‘70 e con le donne sono stato primo allenatore per due stagioni in serie A e successivamente ho ottenuto una promozione dalla B alla massima serie.

Quali sono le principali differenze tra sportivi maschi e femmine?

Le donne hanno più sbalzi di umore e sono più sensibili agli equilibri interni della squadra. Se dedichi più attenzione a un’atleta devi essere pronto alla gelosia (sportiva) di qualche altra. Le donne sono anche più trasparenti (al suo ingresso in palestra già sapevo di che umore era un’atleta) e, se si crea lo spirito giusto, pronte a dare molto al gruppo. Gli uomini hanno una mentalità più semplice e snobbano alcuni particolari in cui rischiano di perdersi le donne.

L’atleta più forte che hai visto dal vivo?

A parte Michael Jordan (visto in un’esibizione in cui ruppe il tabellone), Rich Laurel.

L’atleta più forte che hai allenato?

Carolina Meucci. Tra gli uomini ricordo molti atleti forti che poi hanno fatto carriera, come Renzo Vecchiato, che ho allenato nei suoi primissimi anni da giocatore.

N.d.R.: stupore, la prima citata è una donna!

L’allenatore che ammiri di più?

Sandro Gamba: oltre ad essere un ottimo allenatore in base ai risultati, è una persona affabile, gentile e sempre disponibile.

La motivazione è qualcosa che c’è o non c’è o si po’ stimolare?

Tutto è migliorabile, ma chi vuole arrivare nasce con qualcosa di particolare. Ad occhi abituati l’atteggiamento e il carattere di un giocatore sono evidenti dopo pochi allenamenti. Dipende dalle capacità di chi allena aggiungere quello che manca. Ricordo almeno un paio di giocatori (uno dei quali un autentico cecchino) che palleggiavano solo con una mano e non volevano saperne di usare l’altra. In mano a uno staff tecnico diverso uno dei due, che poi ha fatto carriera, ha iniziato ad usare l’altra mano con notevole vantaggio. Lo stesso giocatore che andava ad allenarsi anche con un arto in gesso…

Il talento spesso è quasi una sciagura. Qual è un modo tra gli altri per coltivarlo e farlo fiorire?

Paradossalmente il talento mi interessa poco. Mi piacciono i grandi giocatori e la bella pallacanestro, ma sono sempre stato più interessato alla squadra nel suo insieme, e la squadra è fatta in gran parte di giocatori normali. Ho sempre avuto un occhio particolare per quelli che giocavano meno, perché sono loro che, trattati con attenzione soprattutto dopo lunghi periodi di panchina, qualche volta fanno la differenza. Credo che tutti debbano essere allenati con la stessa intensità e che bisogna cercare il più possibile di ridurre le differenze tra forti e deboli. Non ho mai messo i voti come a scuola, i giocatori che non mi seguivano se ne sono sempre andati spontaneamente.

Le regole che si insegnano nello sport possono essere applicate nella vita?

Possono valere anche nella vita, anche se penso che se uno è una testa calda (espressione edulcorata, n.d.R.) rimarrà tale anche nella vita, non c’è sport che serva. In compenso lo sport ti apre la testa.

2 Commenti

  1. Roberto Danelon

    Molto interessante e fonte di meditazione, anche per la vita.
    Non lo conosco personalmente, ma si capisce che è uno bravi

    Rispondi
    • Silvia Magnaldi

      Grazie, Roby, in effetti il Pit ne sa di basket e di sport

      Rispondi

Rispondi a Roberto Danelon Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Condividi