Silvia Magnaldi - Specialista in Radiologia - Blog di Medicina, Attualità e Sport

Nella presentazione del Sito dico che l’idea è nata per condividere parte della mia esperienza personale e professionale con persone interessate agli argomenti trattati.

Imparare mi è sempre piaciuto tantissimo, sono stata una studentessa estremamente diligente, a volte un po’ pedante, spesso arrogante, sempre molto curiosa.

Anche insegnare mi piace molto. Per motivi vari ho rinunciato alla carriera accademica (ora per alcuni aspetti un po’ mi dispiace), ma non ho mai smesso di trasmettere quello che ho imparato sul campo a chi vuole apprendere, con esiti diversi a seconda delle persone che ho incontrato e delle condizioni in cui ho lavorato (l’evenienza più frustrante è l’incontro tra una persona entusiasta e un’altra fintamente interessata, la prima gerarchicamente superiore alla seconda…).

Il mio amore per l’insegnamento, per il rigore metodologico e per la disciplina nell’applicarlo è dovuto all’incontro con alcuni buoni Maestri. Ho avuto molti Maestri in ambiti diversi (liceo, sport, università, lavoro): nella grande maggioranza dei casi sono stati onesti professionisti; a volte erano persone che avevano clamorosamente sbagliato lavoro; in qualche caso ho avuto la fortuna di incontrare grandi Maestri. Di svariata estrazione (insegnanti, medici, infermieri, tecnici, commerciali), non perfetti, non simpatici, anzi talora odiosi, ma grandi Maestri. Da ognuno ho imparato qualcosa, e non l’ho più scordata. In comune avevano la capacità di farti sentire la loro passione per quello che facevano.

Ora avrei forse bisogno di rivedere alcune cose, perché imparare e insegnare sono fenomeni dinamici, che devono adattarsi ai cambiamenti della storia e della società. Per questo l’argomento continua ad appassionarmi tanto.

L’intervento dell’amica Franca Fonzari dell’11.7.2020 (“A scuola – preparandosi alla vita – motivare prima di tutto”) ha suscitato numerosi commenti, prevalentemente da parte di professionisti del mondo della scuola. Quello di Marta Cesare mi ha colpito per la passione e la profondità delle riflessioni, per cui l’ho sollecitata a partecipare alla discussione con ulteriori contributi.

Marta, 59 anni a giorni, un marito e tre figli, ha una formazione umanistica: dopo il liceo classico, ha studiato lingue straniere (francese e inglese) a Ca’ Foscari. Dopo un anno di insegnamento all’estero (Parigi) e una breve esperienza in banca, ha scelto di insegnare con convinzione. Fino al 2016 è stata docente alla scuola secondaria di primo grado (scuole medie), per poi approdare al Liceo artistico Sello di Udine. Continuando ad approfondire argomenti di metodologia e didattica, ha ricoperto vari incarichi nelle scuole dove ha operato, occupandosi anche di formazione ed innovazione.

Da Marta ricevo questo bellissimo intervento. Grazie, Marta!

Buona lettura.

In un epoca in cui il termine “FAKE” imperversa, il concetto di autenticità merita, a mio parere, una seria riflessione in relazione alla scuola e al ruolo del docente in particolare.
Invito spesso i miei studenti a non dare per “scontate” le parole e ad accertarsi di sapere bene quali significati esse abbiano. AUTENTICO, allora, può indicare 1) genuino, SCHIETTO, spontaneo; 2) nell’uso giuridico è il carattere di VERITA’ attribuito a un atto pubblico che, PER FORMAZIONE E PROVENIENZA dell’atto stesso, è originale o conforme all’originale e che corrisponde esattamente alla realtà e perciò è AFFIDABILE; 3) nella filosofia esistenzialista poi, un’esistenza autentica è quella in cui il singolo ritrova il proprio più profondo sé stesso, LONTANO DAL MODO DI ESSERE SUPERFICIALE E IMPERSONALE, in cui l’uomo vive abitualmente ( cfr. Dizionario Treccani)
Secondo me, da ognuna di queste tre declinazioni del termine un docente dovrebbe “pescare” alcuni elementi.
1. Un docente dev’essere schietto, onesto intellettualmente, deve dire qual è la sua visione delle cose presentandola come UNO dei POSSIBILI punti di vista, dichiarando “le fonti e gli argomenti” a supporto della sua visione, del suo parere, delle sue affermazioni. Solo così facendo può sviluppare in uno studente la capacità di analisi, lo spirito critico e la capacità di essere attivo, responsabile dei propri pensieri, prima ancora che delle proprie azioni. Ad esempio essere schietti nella valutazione che, assieme all’autovalutazione e alla valutazione fra pari, è leva potentissima per il miglioramento e considerare il feedback come “riscontro” non giudicante, ma teso ad individuare su quali piste dirigere le proprie energie per il miglioramento.
2. Essendo un “funzionario pubblico” il docente deve agire in conformità con un ruolo sociale che poggia su un percorso di formazione, il superamento di una selezione, l’espletamento della propria funzione, il controllo e rendicontazione sociale del suo operato. Tutto questo trova fondamento nelle norme che reggono quel settore della società. Per essere autentico un docente bisogna che sia professionale e professionista, auspicabilmente individuato con modalità ragionate, nate da un’attenta pianificazione e non secondo modalità che troppo spesso mutano in modo del tutto imprevedibile e a volte anche poco comprensibile.
3. La superficialità (nel bagaglio di conoscenze, nelle competenze metodologico-didattiche e negli atteggiamenti verso studenti, colleghi e famiglie) è incompatibile con il ruolo di docente e l’impersonalità non esiste perché stiamo parlando di persone, anzi più precisamente della relazione fra persone, dato che senza relazione non c’è apprendimento!
Essere credibili, affidabili, essere persone a 360 gradi senza paura di mostrare anche emozioni, dubbi, fragilità, fatiche ed “ignoranze”, ma mostrando nel contempo come quelle emozioni possano essere gestite, quei dubbi, quelle incertezze possano essere affrontate, come quelle fatiche possano essere alleviate e quelle ignoranze possano essere colmate (un docente autentico non finge e dice serenamente: “non lo so nemmeno io, proviamo a cercare assieme “). A volte In classe mi trovo a riformulare il “Prof, non lo so!” di uno studente in un “Non lo so ANCORA!”, a chiedere a uno studente che condivida quella sua specifica competenza che per me non è tale, a sforzarmi di far capire come il voto non sia un’etichetta, ma uno strumento, una fotografia del qui e ora, un punto di partenza e non di arrivo, visto che l’apprendimento avviene per approssimazioni successive e per tentativi ed errori… Autenticità, insomma, per dimostrare come ognuno di noi sia sempre un work in progress, alla ricerca di risposte e soluzioni, alla ricerca di un senso, come “l’imparare per tutto l’arco della vita” sia una condizione tipica dell’essere umano che coglie e affronta il cambiamento con cui da sempre si confronta.
La scuola dovrebbe far germogliare negli studenti la convinzione che ognuno è unico e insostituibile, che ognuno ha una strada da cercare e da percorrere, la sua, e che ne vale sempre e comunque la pena.

9 Commenti

  1. Claudia Semec

    Condivido ogni parola dell’articolo, avendo anche messo in pratica per oltre trent’anni questa difficile e faticosa pratica di insegnamento. Attecchisce purtroppo in pochi casi, ma sono quelli che ti regalano una soddisfazione immensa

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    • Silvia Magnaldi

      Grazie, Claudia!
      PS: con Claudia ho in comune l’esperienza di un grande maestro, difficile ma indimenticabile.

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  2. Antonella Calvisi

    Grazie Silvia e grazie Marta!
    Esercitare una professione per scelta e convinzione fà la differenza……e quello dell’ insegnante è un lavoro di grandissima responsabilità nel processo di crescita dello studente!
    Purtroppo attualmente abbiamo tanti insegnanti ” per ripiego”…..come tanti giovani che, non superando i test di ammissione alla Università prescelta, fanno poi un percorso di studi spesso non conforme alle loro attitudini, con i risultati che possiamo immaginare.
    Con che entusiasmo potranno lavorare?Quanto avranno voglia di approfondire la conoscenza nel loro settore? Cosa trasmetteranno agli altri ?
    Penso che Marta sia ormai una rarità!!

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  3. Franca Fonzari

    Condivido pienamente le riflessioni di Silvia e di Marta. Gli studenti percepiscono al volo se hanno di fronte una “persona” o una “maschera” che recita la parte. Ne deriva che anche il sapere veicolato assume un’altra valenza. Essere un insegnante autentico, a 360°, non vuol dire concedersi a confessioni private con la classe (cosa purtroppo frequente!), ma, come dice Marta, essere se stessi nel proprio ruolo che implica professionalità, equilibrio, flessibilità, misura, empatia, dinamicità… Ecco perché è così difficile individuare un sistema di selezione dei docenti. Valutare le caratteristiche umane, psicologiche dei futuri insegnanti comporterebbe un esame troppo lungo, costoso ed elaborato. Gli attuali concorsi misurano conoscenze disciplinari e didattiche ma non la disposizione a confrontarsi con i ragazzi. Ecco perché ci saranno sempre “Maestri” e “maestrini”!

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  4. Rita leprini

    Ho sempre considerato il lavoro/mestiere dell’insegnante qualcosa di simile alla vocazione. Leggere queste profonde riflessioni di Marta mi conforta. In un paese dove l’insegnamento è sottopagato, le assunzioni lasciate al caso, le valutazioni sull’idoneità all’insegnamento non sono attendibili, trovare qualcuno che ha capito nel profondo il valore e il significato del trasferire conoscenza è davvero una rarità. Complimenti

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  5. Anna Sparavier

    Ci fossero tanti di insegnanti come Marta !!!!! Un “ bravo insegnante”può incidere in maniera estremamente significativa e fondamentale sulla preparazione, soprattutto, sulla vita di un studente, anche perché il tempo trascorso a scuola è, tutto sommato, lungo, esteso , rispetto a quello passato con genitori o amici. Purtroppo sono pessimista, penso che pochi siano i docenti che si pongono certe problematiche e gli stipendi non adeguati non rappresentano l’ unica causa di scarso interessamento e coinvolgimento nel confronto degli studenti.

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  6. Angela Patrizia Garribba

    Grazie a Silvia e Marta per avere perfettamente delineato la figura del Docente. Conoscenza., professionalità’., consapevolezza dei propri limiti onesta’ intellettuale., rispetto per il discente, senso di autocritica , capacità’ di interazione, condizioni indispensabili. A coloro che ci riescono …. chspeau👏

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  7. Giorgio Simon

    Il “Non lo so è stato il più grande insegnamento eh ho ricevuto nella mia vita professionale”. A dirlo era il prof. Franco Panizon, maestro della pediatria italiana. Nelle discussioni sui casi ogni tanto lui, di sapienza infinita, diceva proprio così “non lo so “. E con questo ci insegnava la voglia di cercare, di interrogarci, di studiare sempre.

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  8. Floriana Zennaro

    Anche io ho sperimentato i “non lo so” del prof. Panizon che hanno confermato come grande realtà il fatto che sapienza e modestia vanno a braccetto.
    Ovviamente condivido assolutamente quanto scritto da Marta, che ammiro molto.

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