Silvia Magnaldi - Specialista in Radiologia - Blog di Medicina, Attualità e Sport

Ho appena finito di leggere il libro di Fiore di roccia (Ilaria Tuti per Longanesi), che è un altro modo d’ indicare la stella alpina, capace di spuntare, fiorire e resistere in tutto il suo umile splendore in ambienti duri ed inospitali. Ciò che mi ha colpito è appunto l’idea di sacrificio che affiora fra le pagine del testo e che si concretizza principalmente in due contesti: quello delle portatrici carniche e quello dei soldati al fronte durante la prima guerra mondiale.

Sacrificio è la capacità di affrontare fatica, sofferenze fisiche e/o psicologiche con tenacia e determinazione, in nome di qualcosa che per noi è importante, che in qualche modo ci definisce ed identifica. Il sacrificio (sacrum facere) è il compimento di un’azione sacra che, in quanto tale, celebra il sacro, celebra ciò che importa, celebra il valore che dà un senso a noi stessi e alla vita.

Personalmente, credo possa compiere un sacrificio chi, in vario modo e misura, riesce a ricollegarsi al proprio valore, chi, al di là e nonostante le avversità e i rischi, sente, a volte inconsciamente, qual è il suo “core” cioè il suo nocciolo duro, quella parte più intima e indistruttibile del sé su cui fare affidamento quando sembra di essere al capolinea e di star per soccombere.

Questa specie di “riserva energetica” a cui attingiamo, è quasi un patrimonio comune che consapevolmente o no, ci rende parte di qualcosa che ci trascende, qualcosa di più grande di noi, che c’era prima e ci sarà dopo di noi. Se vivo solo nell’attimo, fuori dal Tempo, sarà difficile trovare ragioni per cogliere la sfida che le circostanze ci pongono.

Forse il sacrificio è un modo per trovare il nostro posto nel mondo e nella Storia, un modo per trovare un senso al nostro esistere. Forse è un modo per trovare risposta alle grandi domande che l’essere umano si pone …mi viene in mente il famoso quadro di Gauguin “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”. Forse è un modo per contrastare certa angoscia esistenziale che, prima o poi assale ognuno di noi…                                            

Nelle relazioni fra persone, se è vero che mettendo in secondo piano il mio io e lasciando spazio all’altro, per certi versi lascio che l’altro diventi più importante di me, nello stesso tempo io soddisfo il mio bisogno di essere visto e considerato (penso al valore dello sguardo dell’altro su di me, a certe performance di Marina Abramovic, a certe relazioni psicoterapeuta- paziente) e trovo così conferma del senso della mia esistenza. 

8 Commenti

  1. maria accardi

    Mi sento molto simile ad una “Stella alpina” e questa descrizione fatta da Marta mi calza perfettamente. La mia è una lotta continua ed instancabile, silenziosa ma determinata verso un nemico nascosto sempre in agguato che non riuscirà a condizionarmi finché avrò forza per lottare! Ho imparato a conoscere Marta ed ad apprezzare i suoi commenti grazie a Silvia!

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    • Silvia Magnaldi

      Maria, grazie, sei un esempio di forza per me!

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    • Silvia Magnaldi

      Grazie, Alberto!

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  2. Roberta

    Ho letto il libro che è stupendo.
    Ma non si parla solo di sacrificio.
    Si parla anche della volontà delle donne nel portare avanti un proposito, di non accettare compromessi, come insegna la protagonista, nell’essere autosufficiente anche nei momenti più difficili.
    Peccato però che anche dopo 100 anni sia difficile trovare negli uomini la stessa accettazione delle nostre capacità, come ha fatto il capitano.
    Grazie Marta.

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    • Silvia Magnaldi

      Io cito invece un commento che mi è arrivato per altra via da Piera, carissima collega di Brescia, che mi fa notare che “il sacrifico è anche dovere.
      Dovere nei tuoi confronti, per chi non c’è più, per chi ti vuole bene, per chi ti stima, per sentirti in pace con te stessa…”
      Concordo anche in questo aspetto

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  3. andrea amaducci

    Sul tema del sacrificio…..concetto radicato nell’animo umano da millenni, spesso collegato a sentimenti di paura , dell’esistenza del divino, dello sconosciuto e alla sofferenza.
    Si facevano sacrifici di animali, umani, penitenze e si culmina con il sacrificio di un giovane uomo sulla croce. Leitmotiv presente anche in altre religioni e culture.
    Ora dal punto di vista “Darwiniano” è utile per il proseguimento della specie, la madre si sacrifica per i cuccioli, che diventano più importanti di lei e lo fa in modo istintuale, ciò serve alla perpetuazione della specie, l’individualità si annulla di fronte ad un concetto più importante.
    L’uomo, raggiungendo una complessità cerebrale elevata, elabora i suoi istinti , crea anche su questi una o più filosofie per darsi una spiegazione più o meno accettabile.
    Ma al di là di tutto, non sarebbe forse meglio , anche se forse meno funzionale dal punto di vista evoluzionistico, un mondo senza sacrifici ?
    Alla fine Isacco si salva.

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  4. Francesco

    Aggiungo che il sacrificio, se vissuto consapevolmente per un fine, smette di essere tale e diventa parte della vita e fonte di serenità.
    Grazie Silvia per le tue splendide condivisioni, professionali e non.

    Fran

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